Star Wars – The Last Jedi – Due lune, due soli

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La televisione a tubo catodico è incassata nella libreria bianca. Pile e pile di videocassette riempiono gli scaffali. Registrazioni dalla televisione, film originali, pellicole consumate dalle troppe visioni. Tre di queste sono la trilogia di Guerre Stellari. Ci sono anche le versioni originali, ma per lunghi anni abbiamo continuato a guardare le registrazioni dalla tv, la fatidica versione originale. Mi vedo seduta nel tappeto, lo stesso nel quale appoggiavo le chiappe tornata da scuola, dopo aver pranzato e, con un succo in mano, guardavo Lupin o Piccoli problemi di cuore. E’ qui che Guerre Stellari è diventata una questione di famiglia. A casa mia, prima ancora di sapere cosa volesse dire nerd, prima ancora che fosse fico esserlo, prima ancora che l’intera cultura geek diventasse pop, noi come molte altre famiglie eravamo lì, a imparare a memoria le battute di un film che, senza fronzoli o ossessioni, ci piaceva e basta. E ci insegnava pure qualcosa.

Questa piccola intro è per ricordare a me stessa che il cinema è una cosa importante. O perlomeno può diventarlo, a livello soggettivo, sociale, intimo e familiare. E malgrado questo, malgrado sia così di moda essere nostalgici con i pilastri della nostra infanzia, i nuovi Star Wars ci insegnano qualcosa di fondamentale e che purtroppo molti non hanno capito: andiamo avanti.

Dopo quello che per me è stato un grosso macigno di delusione da parte di Lucas, con la sua patinata, noiosa, tecnicamente allucinante trilogia della miseria, ho riscoperto le gioie di quando ero piccola attraverso JJ e la sua cricca. La nostalgia è normalissima, voluta, desiderata. Ammiccando al fan service, in realtà questi nuovi film sono una ventata di freschezza in un universo che era diventato stagnante e ricorsivo. L’episodio VIII ne è la conferma, netta e precisa, di un percorso che personalmente sto amando con tutta me stessa. Ep. VII ed Ep. VIII sanno di fresco, sanno di attivo, sanno di passionale. Esplodono in profusioni d’amore che avrebbero fatto svenire d’emozioni l’Elisa seduta sul tappeto, con il succo in mano, davanti ad un must della sua infanzia.

L’elemento più esaltante di nuovi Guerre Stellari è la volontà, categorica ma non rabbiosa, di andare avanti, muoversi verso il futuro, proponendo nuove strutture narrative, nuovi personaggi, nuove tensioni, responsabili di quel passo “oltre” di cui aveva assolutamente bisogno il brand. Lasciamo dunque riposare in pace il villain dei nostri ricordi più terrorizzanti, salutiamo Vader e accogliamo un nuovo tipo di personaggio: il caotico malvagio.

Una delle critiche più tipiche di questi nuovi SW è proprio il cattivo. A detta di molti è un incapace, un ragazzino viziato, senza strategie, rabbioso e piagnucoloso, instabile e incazzato. E io vi dico che sì, avete ragione, e il punto sta tutto lì. Dimenticatevi Vader, andate avanti, gustatevi il nuovo villain. E’ un personaggio straordinario, diverso, originale, innovativo, proprio per i motivi di cui parlate voi. Lo odiate? E’ un personaggio riuscito. Vi infastidisce? E’ perfetto. Vi sarebbe piaciuto rivedere un cattivo stile Vader? Mettete su la prima trilogia e non pensateci più. Noi qui siamo già nel futuro, stiamo guardando qualcos’altro, siamo già oltre. Noi qui stiamo osservando la spada di Kylo Ren, instabile e rumorosa, esattamente come lui, in un eccezionale e poetico parallelo tra uomo e oggetto del potere, che si abbatte senza razionalità in un mondo che lo ha tradito.

E se andiamo ancora più oltre, tra le braccia di un Luke invecchiato e stanco, ma ancora bamboccio e bisognoso di guida spirituale da parte di Yoda, scopriremo che come il legale malvagio fa parte del passato, è storia antica anche la figura del paladino. La “scintilla” che farà rivivere la democrazia, che riporterà la Repubblica al suo posto, che sarà il simbolo della Ribellione, è in realtà un vecchio Jedi confuso e solo, logorato dagli errori del passato, scappato in esilio. Codardo e lontano dalla Forza, compirà finalmente il suo destino grazie ad un nuovo elemento: Rey. Lei è la rinascita, che assieme al ricordo di quella prima visione di Leia (“Aiutami Obi Wan Kenobi”), porterà Luke di nuovo al suo posto nella storia.

In tutto questo, il leitmotiv interno è ancora più esaltante: non esiste più solo bianco o nero. Esistono le gradazioni di grigio, già anticipate ne Il Ritorno dello Jedi, con un Vader in tensione tra bene e male, perché nulla è solo ciò che sembra, perché i personaggi hanno uno spessore, una storia, una guerra interna, come ognuno di noi.

Questo concetto di tensione interna viene descritto meticolosamente in Ep. VIII. Quasi nessun personaggio ha un unico tono caratteriale. Ognuno di loro è destinato a cambiare idea più volte, a tornare sui propri passi, a mettersi in discussione, a reagire agli eventi, alla sorte, alla vita.

Ep. VIII è così dinamico da far male, e malgrado possa riconoscere che alcune scene siano pressochè classiche, la volontà generale della produzione resta quella di creare un primo, secondo e terzo atto che puntino verso qualcosa di nuovo. Senza mai dimenticarsi da dove sono venuti. E questo lo capiamo da una sola, straordinaria, commovente e potente scena: i due soli, il profilo di un ragazzo, ormai vecchio e morente, che cambierà le sorti della galassia, ancora una volta.

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L’inizio e la fine, la ricorsività degli eventi, la sofferenza e la solitudine della Forza. Se questo non vi ha strappato una lacrima, non avete un cuore.